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La logica mediatica del terrore

Il primo Maggio a Milano andrà in scena la cerimonia d’apertura di Expo 2015. A questo mega-evento parteciperanno i capi di stato di molti governi europei e mondiali. La macchina mediatica si sta mettendo inesorabilmente in movimento e tra elogi e velatissime critiche, l’impianto d’informazione nazionale si prepara, a un mese dalla fatidica data.no expo

Le criticità esistenti di questo mega-evento, non vengono quasi mai citate in maniera esplicita, se non obbligate da procedimenti giudiziari, ma anche quando citate, sono passate come marginalità di un evento fondamentale e di primaria importanza per il rilancio dell’economia del paese. Ma non solo, su questa adulazione più o meno esplicata si gioca la narrazione mediatica dell’Expo.

L’attenzione dei media sembra rivolgersi con molto più interesse alla manifestazione lanciata dai movimenti sociali per il primo Maggio stesso. È proprio su questo campo che la macchina mediatica nazionale si sbizzarrisce: “Milano 2015 come Genova 2001; allarme per l’apertura dell’Expo”, così titola il quotidiano nazionale “La Stampa” in un articolo uscito il 30 Marzo. L’articolo, riprendendo una serie di dati forniti dai “Servizi Segreti”, almeno così dice l’autore, continua così la sua mappatura della contromanifestazione: “(…) il primo Maggio, in coincidenza con l’apertura dell’Expo, è stato anticapitalista, nel quale convergeranno da tutta Europa giovani pacificamente arrabbiati ma anche teste calde (…)”. E ancora: “Nessuno lo dice esplicitamente ma in tanti lo puntano (o paventano) un bis da brivido: fare di Milano 2015 una nuova Genova 2001 (…)”.

Oltre a una scrittura sicuramente poco chiara e palesemente scadente, che rende lo scritto ancora più grottesco, questo articolo-inchiesta ripropone, identici a se stessi, vecchi meccanismi socio-polizieschi: esaltazione aprioristica dell’evento-scontro finalizzata a scoraggiare la partecipazione al corteo, spostamento del baricentro del discorso dal politico al poliziesco. Le reali ragioni di una protesta non esistono e se esistessero, sarebbero comunque da relegare all’oblio e al dimenticatoio, in quanto la categoria, puro artifizio mediatico, delle “persone che protestano giustamente e pacificamente” verrebbe comunque soverchiata da orde di professionisti della violenza pronti a scatenare l’inferno: “c’è il blocco nero più temuto dalle polizie di tutta Europa: quello composto dai casseur francesi che lottano contro le grandi opere, dai riot tedeschi, inglesi e scandinavi, da greci del Movimento Antiautoritario”. Senza scardinare, per l’ennesima volta, la stupida e fittizzia suddivisione buoni/cattivi, alla quale i media sono morbosamente attaccati, ma che è stata sempre rigettata dai movimenti, basta leggere la frase di chiusura dell’articolo in questione per svelarne gli intenti: (riferito ai movimenti) leggerli e gestirli tutti, una scommessa di alta professionalità per le polizie di Renzi e Alfano.

Il problema della rabbia sociale dilagante, diventa, un semplice e misero problema di ordine pubblico per evitare che il possibile conflitto intacchi una passerella mediatica che il governo reputa fondamentale. Non esistono speculazioni su Expo, non esiste sfruttamento di forza lavoro gratuita, non esiste un fallimento annunciato dai cantieri mai terminati, non esiste nemmeno l’ennesimo grande evento che propone e ripropone l’ennesimo grande elogio al capitalismo. Esiste solo una logica del Terrore, un tentativo di far passare quel magma dinamico e conflittuale fatto di lotte reali e vertenze politiche come una forma di violenza professionale estetizzata, residuale e autoreferenziale.

Si arriva addirittura a dire, nel parallelismo con il g8 di Genova: “Non nel senso di cercare il morto, ma lo scontro si”. Come se la morte di Carlo fosse figlia della leggittima resistenza di migliaia di persone e non, come invece è stata, frutto della bieca e scientifica violenza poliziesca. C’è il tentativo, in questo articolo-inchiesta, di insinuare una precisa narrazione dell’evento nella mente delle persone, che arrivi a porre le basi per lo sviluppo di una “logica del terrore” in vista del primo maggio milanese; che compia un’opera di vero e proprio revisionismo su quella che è stata la criminale gestione di piazza del g8 di Genova, normalizzandola.

Con buona pace di Martini & Co. quella giornata sarà attraversata da migliaia di persone e soggettività in lotta con queste logiche di potere, che certamente non si faranno spaventare da vecchi, subdoli e malscrittispauracchi del giornalismo d’opinione.

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