Non è stato un bel risveglio. Fin dalle prime luci dell’alba vedere quelle facce tirate dalla prepotenza di una vita, è quanto di più brutto ci si possa augurare. Abbiamo incontrato i ladri in casa, nei corridoi, nelle stanze a frugare tra i nostri vestiti con le loro mani sporche. I ladri quelli che rubano, non perché hanno fame, ma per difendere e arricchire chi si ingrassa con i nostri soldi, quelli della collettività che sta negli anfratti delle vie, nelle scuole che si sgretolano, nelle università che si svuotano, ma anche negli spazi e nelle case occupate dove costruiamo quotidianamente quella comunità differente che vorremmo riprodurre.
Lo sgombero dello studentato Degage è una provocazione per noi e per tutta la città. Non è solo un palazzo fatto di cemento e mattoni, è un’idea a cui abbiamo dato vita. Un’esperienza che, senza contorni definiti, ha voluto allontanare ricette politiche e facili retoriche per sperimentare come e perché vivere insieme e rendere una comunità riproducibile al di fuori di sè. Riproducibile nelle modalità di approccio alla realtà e non perché come monolite dovrebbe dispiegarsi sempre uguale a se stessa. Chi è passato a sentire le nostre chiacchiere e chi si è trovato a vivere con noi le lotte, sa che nessuno di noi è uguale all’altro e spesso questo ci fa discutere, che tutto tra di noi può succedere e che l’imprevedibilità spesso c’ha salvato, che anche chi ci odia può trovare sempre una mano tesa e che però è molto facile farci incazzare, ma soprattutto sa che abbiamo tanto ancora da dimostrare e da creare. Pensiamo di poter riprodurre quello che siamo perché siamo capaci di plasmare le nostre convinzioni con umiltà, ogni volta che ci imbattiamo nelle contraddizioni di questa realtà e nei diseredati che se le vivono. E sappiamo che spesso la forza propulsiva, la convinzione, la voglia di libertà arriva proprio da lì, come le possibili forme di autorganizzazione. Siamo cresciuti durante l’onda, il 14 dicembre, il 15 ottobre, in val di Susa e nelle periferie della città e del paese. Dalle prime abbiamo appreso la potenza e i limiti della politica di movimento, dalla seconda la rabbia del vivere quotidiano.
Tutto questo non può essere cancellato attraverso un semplice sgombero, è folle che qualcuno l’abbia pensato e l’assemblea di ieri al 3serrande occupato ne è una dimostrazione che c’ha dato tanta forza. In tanti e tante hanno raggiunto l’assemblea e hanno partecipato al corteo. Siamo sicuri di aver raccolto quel poco che abbiamo seminato e anche che tutto questo non è sufficente per invertire la rotta di chi ci ha dichiarato guerra. In un contesto cittadino ormai a dir poco ridicolo, in cui la democrazia è diventata spartizione organizzata di risorse e poteri tra re, valvassori e valvassini, le forze di polizia optano per colpire e zittire chi potrebbe risultare un problema o semplicemente un esempio concreto di come vivere senza essere schiavi dell’affitto, del contratto a chiamata, della disoccupazione, delle bollette sempre troppo care.
Il sistema Mafia Capitale della città riempie le tasche di palazzinari, capi di cooperative più o meno grandi (prima legate all’estrema destra come alla sinistra e ora alle associazioni di Comunione e Liberazione amiche di Renzi), di politici, banchieri e amministratori vari ma è anche un sistema di controllo, di schiavitù. Chi ha fame, chi vuole una vita differente dipende da questa gente, da quella che ha in mano i soldi e li può distribuire e quale più grande potere può esserci se non quello di poter disporre della vita di migliaia di persone? Quale?
L’autorganizzazione, la riappropriazione, la resistenza nei territori è la possibilità attraverso la lotta di rompere quell’anello di schiavitù che ci lega a questo sistema.
Lo sgombero di uno studentato, di uno spazio sociale, di un’occupazione abitativa rappresenta l’aggiunta di nuovi anelli alla catena e questo non possiamo permetterlo. Ieri con il corteo che ha sfilato per le strade della città abbiamo solo annunciato che se “ci levate dalle case, ci troverete nelle strade” e abbiamo tutta l’intenzione di farlo! Invitiamo tutta la città a unirsi a noi, a spezzare la catena degli sgomberi, a spezzare la catena del potere sopra di noi. Siamo il mondo di sotto e ci riprenderemo tutto.